mercoledì 26 febbraio 2020

mercoledì #riposa nell'essenziale


'Polvere sei 
e verso la polvere rivolgi te stesso'. 
(Genesi 3, 19 )

Questa affermazione è splendida.
Nella maggior parte dei casi la lettura di questo verso è interpretata in una concezione pessimistica circa la vacuità della condizione umana.
In realtà si tratta della memoria
del cammino che ogni uomo può compiere.
La parola polvere indica infatti l'umanità nello stadio iniziale del suo compimento (come narra in maniera eccelsa il mito biblico della creazione),
quando era molteplicità
votata al compimento dell'unità.
È quindi la chiamata
all'ancora possibile fecondità,
in una dimensione di consapevolezza di sé.

Siamo energie fisiche, psichiche, spirituali
che possono essere erranti, confuse,
ma che quando sono ricomposte in unità
segnano la magnificenza della nostra umanità.
Ma come entrare in questa unità?
Come insegnano tutte le tradizioni spirituali attraverso l'umiltà, termine che indica l'humus, la terra.
Essere umili non è lasciar passare sulle nostre teste gli altri, diventare zerbini davanti ai passi di chiunque.
Essere umili è tornare 
all'essenziale di cui siamo composti:
terra fertile che, coltivata e custodita,
può splendere come giardino di ogni delizia.

Vorrei inoltre donarvi qualche spunto di riflessione sul digiuno.
Anche qui si tratta di una pratica ampiamente diffusa in tutte le tradizioni.
Il versetto citato in incipit è la finale di un passo più ampio.
'Col sudore delle tue narici mangerai del pane fino a quando tu ti volgerai nuovamente verso la polvere della terra'.

La funzione di mangiante nell'uomo è ontologicamente molto importante per la sua crescita, per il suo mutare.
Il cibo è elaborazione delle energie divine perché queste possano ricondurre in unità
le nostre stesse energie fisiche, psichiche, spirituali.
Tornare all'essere è ricondurre questa funzione alla sua straordinaria natura.
L'umanità che torna all'essenziale della sua chiamata trasforma quel sudore delle narici nuovamente in soffio creativo e scopre che può nutrirlo cantare, amare, vivere la bellezza.
L'uomo capovolto torna
ad avere fame di Dio.

Il digiuno è questa scelta di spazio alla fame del divino che originariamente ci abita e
che soffochiamo con 'sazia fame' per cui perdiamo anche tempo e fatica.

Si apre oggi, per i fratelli cristiani, un tempo essenziale.
Un abitare il deserto per farne un giardino.

Abitiamo i nostri deserti e
lasciamoci trasfigurare.

Buon Giorno Nuovo,

Marianna


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