Sta
albeggiando.
Dal
grembo della notte.
Resto
immobile e lascio entrare la luce a poco a poco, tra le serrande dei miei
occhi.
Ma
come resistere al richiamo? M’alzo e apro: occhi e finestra.
C’è
foschia tutt’intorno e, cocciuto, il sole s’innalza tra l’informe e vuoto.
Emergono,
come da un sogno, gli ulivi, le colline, le case… sembra che il sole, ogni
mattina, ricrei tutto quello che la notte ha cancellato col buio.
Ma
no, la notte non cancella. Custodisce.
Entro
in cucina, mentre fuori un albero prende fuoco ai primi raggi e si veste di una
vita che è come una promessa.
Entro
nel regno della materia. Qui dove il pomodoro dalla terra passa ai terrosi e si
trasforma in esistenza. Dove mi attende il caffè, venuto da lontano per
risvegliare i sensi assopiti, col suo aroma aspro e penetrante, con la sua
scura essenza di sole in tazza.
I
gesti sono i soliti, semplici, essenziali. Ma c’è un rituale sacro in questa
colazione.
Dal
sonno, dimora dell’inconscio, eccoci alla materia cosciente su cui si srotola
la tela del giorno. Passaggio delicato a cui la colazione da celebrazione.
Nulla
è troppo piccolo o troppo poco. Ogni dettaglio sarà importante…
Ed
eccola, dal fondo del frigo, eccola: “More 2008”. Marmellata di prima
scelta. Fatta a mano.
La
mia mano si tende, come quando queste more furono colte con pazienza dai rovi.
C’era
caldo? Come soffiava il vento? Quali pensieri tra i cespugli?
Dai
rovi della notte colgo il frutto del giorno… Rossa o nera, questa marmellata?
Sangue o notte?
Apro
il barattolo.
Annuso
l’aroma che si espande come un ricordo. E mi arriva la materia di un albero
dell’infanzia e l’essenza, in questa stessa materia, di mille giochi alla sua
ombra. Giochi cha fanno un’esistenza, mentre siamo incoscienti. Come in questa
colazione.
Marmellata
che risveglia, mentre ancora la notte è nelle membra.
Stendo
la marmellata sul pane. Ma prima, essenza pura: lecco il coltello.
Ah,
buona!
E
mi arriva la vita, in quel barattolo.
Mi
arriva l’estate, le mani, il fuoco, il vento e i rovi, il silenzio e le parole,
la strada e l’albero, la pioggia sui piccoli frutti e il sole, il sole, il
sole.
Gronda
dalla marmellata la Sapienza
divina che ha creato il mondo… ed eccomi qui, pronta a gustarla, ancora e ancora.
Per mangiare Dio.
Può un barattolo
di marmellata contenere l’infinito?
Deve.
E’ il suo compito.
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